sabato 29 marzo 2014

IL MANUALE FANTASTICO DI BORGES A ROMA (dal 14 giugno 2014) PLANET ARTGALLERY

Planet ArtGallery di Angelo Cristaldi  /nuovo spazio espositivo - .
 
Roma aprirà  il 14 giugno 2014 / le pagine del capolavoro di Jorge Luis Borges, il Manuale di zoologia fantastica. Da un'idea di Giuseppina Frassino, direttrice della Galleria Tricromia, l'esposizione metterà in scena circa una trentina di opere originali create da Maurizio Quarello, rese tridimensionali dalla capacità dell'architetto pop-up Luigia Giovannangelo.
Jorge Luis Borges, nel prologo al "Manuale di zoologia fantastica" scrive: "Un bambino, lo portano per la prima volta al giardino zoologico.  Questo bambino sarà chiunque di noi o, inversamente, noi siamo stati questo bambino e ce ne siamo dimenticati. Nel giardino, in quel terribile giardino, il bambino vede animali viventi che mai aveva visto: vede giaguari, avvoltoi, bisonti, e più strano ancora, giraffe". La fantasia del bambino è la parte fluida di ogni artista. Un bambino che diventa, nel tempo, opera della sua stessa fantasia creativa ed ogni cosa, che popola il mondo, non è altro che l'oggetto di tale invenzione anche se rivestita da una coltre di razionalità.
 
Chiuderà la mostra la conferenza del prof. Livio Sossi, docente di storia e letteratura per l'infanzia all'Università degli Studi di Udine e all'Università del Litorale a Capodistria, e massimo esperto di letteratura illustrata.
 
 
 
Borges ha la capacità di saper presentare nei suoi racconti realtà diverse da quelle esistenti e di portare il lettore in una dimensione del dubbio, di fargli dubitare a quale realtà appartenga veramente. D'altra parte, lo stesso Borges, parlando della figura del Drago, ci dice: "C'è qualcosa, nella sua immagine, che s'accorda con l'immaginazione degli uomini; e così esso sorge in epoche e latitudini diverse". Nel Manuale di Zoologia fantastica (scritto da J.L. BORGES e dalla sua assistente M. GUERRERO) si profila un excursus fantasioso esaminando quasi con discrezione un certo numero di "esemplari" incontrati durante le numerose ed eclettiche letture dell'autore: Omero, Erodoto, Plinio, il Talmud, le Mille e Una Notte e la Bibbia, Il Milione. La mostra che si apre a Roma nel nuovo salone Planet Art Gallery grazie al labirintico lavoro di Quarello ci propone un miraggio incandescente di immagini che si cimentano con il fascino di Borges e le sue creature fantastiche e dottissime!

Simo Strada

venerdì 14 marzo 2014

Miriam Binda Luigia e Gladys Sica - la metafora del viaggio




La metafora del "viaggio" nella poetica di Gladys Sica e Miriam Luigia Binda


Riky Riva



E' sempre difficile mettere a confronto degli autori soprattutto se si tratta, come in questo specifico caso, di autrici con una spiccata personalità e che si esprimono entrambe, attraverso un linguaggio in cui prevale un'individuazione costante della cifra poetica intesa anche come elaborata trasformazione del sintagma emotivo immerso tra i chiari e scuri della parola poetica, quinti intima, inconscia. 

Gladys Sica e Miriam Luigia Binda sono entrambe poetesse, poco avvezze alla mondanità, diventa difficile anche per me, incontrarle in un unico evento. Per cui colgo l'occasione per incrociarle e per descrivere la loro vicinanza. Questo mio modestissimo confronto costituisce perciò un dittico che non ha rivalità poiché ricerca la quiescente liberalità del verso poetico che non vuole assolutamente fissarsi in alcun giudizio rigidamente estetico, letterario, secondo me, anticulturale. Con questo scritto, cerco di esprimermi  attraverso l'uso di qualche mia piccola parola, un segno amicale, un contatto che mette ancora in circolo le letture che restano vicine  alla mia formazione e crescita individuale. Come ho già spiegato, la poesia per quanto mi riguarda è essenziale per comprendere molte cose della vita. Si dice che la poesia non è popolare invece ogni attimo che ha davvero popolarità entra in circolo con la  poetica del mondo. La poesia costituisce anche un filo conduttore che mi riporta alle letture classiche e  sono sempre presenti nella memoria, fin da quando ero una giovane studentessa, amavo tuffarmi tra i cuscini della mia stanza a leggere qualche storia scritta da Italo Calvino, oppure mi piacevano i racconti di Borges, André Gide e molti altri autori che ho apprezzato e conosciuto soprattutto ai tempi del Liceo.  Anche se gli anni passano, le belle letture non perdono mai lo smalto e rimangono lucide lettere nella  memoria. Molti libri che ho letto, anche raccolte poetiche esprimono l'esistenza con la metafora del viaggio. Con questa mia breve presentazione voglio quindi cogliere questa bella metafora del "viaggio-vita-verità" prendendo come rifermento queste due autrici. Si tratta di una "ricerca" o "viaggio" interiore che mi accompagna nell'arcano mondo, sconosciuto ed  intimo che ritrova comunque la sua pacificazione nel  presente, "nell'odore e nelle domeniche che non esistono più..." come in questa bellissima poesia - di Gladys Sica:


Cerco (autrice: Gladys Sica)

Cerco l’odore conosciuto e amato
delle domeniche nella mia casa della mia città.
Cerco
e trovo un odore sconosciuto
di domeniche che non esistono…
Mentre parliamo eccitati,
la piaga nascosta s’apre
e anche mentre taci
vedo che s’apre la piaga.
Cerco e trovo altri ricordi,
non quelli.
Cerco
e trovo un odore sconosciuto
di giorni futuri che non esistono
nella tua casa della mia città,
nella mia città senza casa.



Se davvero l'arte è un'utopia, bisogna anche ricordare che l’utopia non mantiene legami con la storia reale. Il luogo della realizzazione utopica è lontanissimo, ignorato fino al momento della sua scoperta; gli utopisti infatti utilizzano spesso il racconto di un viaggio avventuroso per terre inesplorate, affinché il lungo percorso che è stato necessario affrontare per arrivarci permetta al protagonista di lasciarsi alle spalle tutta l’esperienza sociale e culturale del proprio mondo. Eppure in queste due artiste, Gladys Sica e Miriam Luigia Binda, il viaggio  trasmette un trascorso del tempo "fluidificato" nell'oceano della memoria sociale e collettiva.

L'utopia diventa così "piaga nascosta”, tra “odori sconosciuti di giorni futuri che non esistono”, tra case e città colorate da tinte più o meno fosche, sul percorso che emerge sulle bocche del vulcano o sulla testa di un re celeste, come richiesta di un amore   ed il bisogno di rimanere in  solitudine. Nella  bella poesia di Miriam Luigia Binda dal titolo "Sabbia e fango" il viaggio mantiene  saldo questo intimo carattere del tempo che si riconosce  nella storia del mondo.  Il tempo non ha dunque perso il lato umano  visibile attraverso i passi della civiltà.
Una poesia  che  lascia  il segno  nella  propaggine di un sentiero impervio ma talvolta   illuminato dai colori e dall'armonia  di un canto che si avvicina alla meta. . Ma di quale meta si sta parlando? Ci è dato solo intuirla. Nella sabbia, come nel fango, si trovano,  i segni di una ricerca, di un percorso che attraversa il mondo. In alcuni tratti, ci riporta anche nei luoghi  conosciuti come meta di pellegrinaggio quali  Santiago di Compostela, soprattutto con queste parole " l’incenso infine, oscilla e diventa custode di preghiere perpetue come viandanti in viaggio, arrivano stanchi con le scarpe sporche di fango".

Ecco il testo completo della poesia di Miriam Binda: 


Sabbia e Fango (autrice. Miriam L.Binda)
ritorna in ogni passo….

La sabbia e’ sottile
scorre veloce nell’ immenso oceano di dune
con nubi di fuochi spirati da onde
in un cielo cobalto sfumato di viola e d’arancio.
Il deserto sommerge ogni cosa
emerge talvolta con bocche di vulcano
sono piccole oasi come anelli preziosi
spiccano luminosi sulle dita del Tropico del Cancro
popolato da more creature.
Le donne sono avvolte in teli dipinti, d’alfabeti geometrici
conosciuti e parlati dalle nobili tribù.
I bambini dormono in cesti intrecciati dai fili di juta
scheletriche madri, con labbra carnose, li portano in spalla.
Suoni d’orecchini, bracciali e cavigliere d’ottone
vibrano al passaggio di ogni passo cadenzato dai tamburi
la sabbia si unisce ai corpi come una danza
che muta e trasforma la forma d’ogni impronta
passata sotto il sole.

Il fango e’ denso
fermenta nell’umida terra bagnata di pioggia e neve
caduta da un cielo plumbeo immobile
come corona d’argento sulla testa di un re celeste.
Il fango, al contrario di mobili sabbie, non muta
la forma dell’orma, che passa.
Sulla strada i pellegrini, viaggiano nel fango.
Hanno sulle spalle un mantello ed un bastone
portano nello zaino una conchiglia bianca.
Nei boschi, lacrimano i pini con gocce di resine
cadute su rugose cortecce odorose di muffe
dense come il fango sulle rive di campi d’orzo.
Passi silenziosi, nei boschi non battono tamburi
ma tra le pieghe del vento suoni di cornamuse
s’uniscono imperiture allo sciacquio delle onde.
L’incenso infine, oscilla e diventa custode
di preghiere perpetue come viandanti in viaggio
arrivano stanchi con le scarpe sporche di fango.


La sabbia e’ veloce
ha colori d’avorio
nere mosche 
e rossi tramonti 
scorre tra secche piaghe
caldo sangue
e passioni vibranti.
Corpi scarni
morenti di sete e di fame
visibili all’occhio esterno
chiunque nei secoli
li ha visti patire.


Il fango e’ lento 
ha colori salmastri
di rane verdi 
e pallide lune
denso tra umide piaghe
vertigini fredde 
e mistico sudore.
Anime timide
morenti d’inquieto vivere 
visibili all’occhio esterno
nessuno nei secoli
le ha viste patire.

Ritorna in ogni passo
sabbia e fango
cadenze che mutano
la nostra storia

in viaggio…...




Nell'opera di Miriam Luigia Binda come in quella di Gladys Sica è sempre presente una musicalità pervasa da una velata saudade, uno stato dell’animo che si potrebbe tradurre con “nostalgia”. La nostalgia è un sentimento rivolto al passato ma la saudade è un sentimento a cavallo fra passato e futuro, comprende la speranza di ciò che verrà. E qualcosa di positivo....che mi tocca e mi rimanda sul sentiero della conoscenza e mi apre alla terra, al contatto con  la  sabbia, il  fango e tutte le storie che si  incontrano anche attraverso la bellezza e la libertà di  qualche buona lettura.
 
Simona Strada